“E tu madre vicina, ben sai che non basta una vita ordinata ed onesta.
Tu fosti fedele per decenni a portare un ordine nella casa.
Quando appena un grigio toccava la notte, sorgevi verso le cose aspettanti.
Nel silenzio di una mentale preghiera.
Forse non basta nemmeno il traboccante affetto, a cui davi la sobrietà di atti concreti.
La santa lana, il latte fumante, il letto composto inimitabile dalle tue mani.
Raccontavi rievocando la nascita ai tuoi figli.
E i compleanni si sono lentamente dissolti.
L’inizio è ora da mille punti, con gli antichi, con gli sconosciuti, con Cristo.
Un atto comprende tutti, apertura dopo gli eventi passati.
E c’è un severo dovere di lotta, qualche cosa nella vita può spezzarsi.
Ecco le guardie possono apparire, mi porteranno in una cella con finestra in alto.
Tu sei con me, da madre e inesaurita compagnia umana.
Aggiungendo il bene, riconoscevi tuttavia che il figlio è libertà.
Eri una vicinanza, che trovava sempre qualche cosa da fare.
Ti ho mirata intrepida alla durezza e alla noncuranza, movendo e operando.
Frenavi in te la rivolta, avevi pietà se incontravi lo scatto iroso.
Ora noi siamo insieme ad aprire dintorno.
Nell’affettuosa aggiunta al mondo che pur crocifigge, è il sommo.
Còlto il limite non gettar via, è il gesto dell’infinito miracolo.
E tu eri nel giusto atto: l’ordine viene da questa altezza.
Le cose della vita, dicono i profeti nostri fratelli, saranno date per sovrappiú.”
Aldo Capitini (Colloquio Corale)
Ecco
Paolo Spoladore